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Pavia giorno per giorno
Diario di uno scandalo
Rassegna estiva di cinema

Diario di uno scandalo
Regia Richard Eyre
Origine, Gran Bretagna 2006

Diario di uno scandalo colpisce. E lo fa sul serio.
Anche se, certo, un po’ sarà pure merito della trama, tratta dal romanzo best seller di Zoe Heller, Notes on a scandal, attraverso la sceneggiatura di Patrick Marber (ricordate Closer di Mike Nichols l’anno scorso? Bene, è stato lo stesso Marber ad adattarlo allo schermo traendolo da una sua piece teatrale: dotato il ragazzo non è vero?), ma molto, davvero molto si deve alla regia di Richard Eyre.
Richard Eyre, ma chi era costui? E qui mi sento proprio come il buon Don Abbondio alle prese con il famoso Carneade di manzoniana memoria.
Beh, la domanda me l’hanno fatta all'uscita dal film, davanti al cinema, ed io ho colpevolmente abbozzato.
Eppure avrei dovuto ricordarmelo, nome: Richard, cognome: Eyre,
data e luogo di nascita: 28 Marzo 1943, Barnstaple, UK.
Lo so, lo so, non sono un archivio vivente, però questa è una di quelle personalità, solo apparentemente minori e in realtà davvero notevoli quanto a perizia artistica, che non si dovrebbero davvero dimenticare. Allora, il nostro tiene per dieci anni, a cavallo degli ottanta e dei novanta, la direzione del Royal National Theatre di Londra. Vince un sacco di premi, compreso un Oliver Award alla carriera e dirige dei bei film compatti, sempre negli eighties, per il grande schermo: L’ambizione di James Penfield (1983), Loose Connections (1983) e Il giorno delle oche (1984).
Realizza inoltre un sacco di programmi per la BBC, e qui si capisce come mai la nostra tv non è certo a quel livello, e poi torna al cinema con Iris, nel 2001, che dopo aver visto a Berlino ho portato in rassegna in questa città.
Iris è la storia della scrittrice Iris Murdoch e del suo fedele compagno dalla dorata gioventù di Oxford all’inferno dell’Alzheimer della vecchiaia. Per questo film Judi Dench, che interpreta Iris malata, e Kate Winslet, Iris giovane, con Jim Broadbent sono stati candidati al premio Oscar, alla fine vinto da quest’ultimo.
Ma per Diario… la storia cambia: Barbara è un'insegnante londinese ormai vicina alla pensione e poco amata dai colleghi. La sua vita solitaria trova consolazione solo nella gatta Portia e nella regolare tenuta di un diario. Un giorno arriva a scuola una prof giovane e davvero attraente, Sheba Hart, sposata con un uomo più maturo di lei e con due figli adolescenti. Barbara, come al solito inizialmente critica nei confronti della nuova venuta, tende ad affezionarsi, ma rimane profondamente delusa quando ne scopre un segreto davvero imbarazzante…
Ancora un punto di forza del film: la recitazione delle due protagoniste. Due scuole diverse, due star differenti: Judi Dench con un'espressività trattenuta e studiata, che gioca tutto sui piccoli impercettibili movimenti del volto e sulla parola, da noi spesso purtroppo in doppiaggio e quindi non perfettamente giudicabile.
Cate Blanchett invece molto più “fisica”: rapita da un goal che il suo allievo le dedica, commossa come un’adolescente, più di quell’adolescente di sua figlia, da un pendente in “autentico oro finto”, che il suo giovane amante le regala.
E se alla storia sembriamo abituati, pensateci: quanti, negli ultimi tempi, da uno schermo cinematografico e non dalle righe di un quotidiano vi hanno parlato di pedofilia al femminile, cioè con la seduttrice, quella grande intendo, donna anziché uomo?
In fondo a confronto ci sono solo tante solitudini: quella più evidente di Barbara, arroccata sulle sue assurde posizioni, omosessuale senza neppure volerselo confessare, vedi il rapporto con la sorella di lei la notte di Natale, quella di Sheba, apparentemente felice e realizzata, ma in realtà stanca ed annoiata da una vita, che non le da tutto ciò che le aveva promesso, e quella del giovane amante, con una famiglia tanto normale da sentire il bisogno di trasformarla radicalmente almeno nei suoi racconti: un padre violento, una madre in fin di vita in ospedale.
La realtà è dura, duro adattarvisi, forse impossibile non cedere almeno in sogno, almeno una volta, alla tentazione, “…ma per Dio, solo in sogno” come grida il marito in faccia a Sheba quando scopre la relazione con il suo giovanissimo allievo.

 
Aggiornato il 01/03/2010 16:45:36
 
 
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